Perché?

Perché?

Perché ancora l'ennesimo ridondante blog? Perché questo è il mio :)

Quandunque cerchi informazioni sul "diventare se stessi", sul cosiddetto processo di individuazione (termine coniato da Jung), mi imbatto in testi altisonanti e pieni di rimandi filosofici e letterari. Possibile che un argomento così importante come l'incontro con se stessi debba essere relegato in un ambiente intellettuale in cui si fa uso di un linguaggio iniziatico incomprensibile ai più?
Dalle mie parti si dice "parla come mangi": rumina, sii terra terra, fisico, comprensibile.
(A tal proposito, chiedo scusa per il "quandunque" là all'inizio, ma ci tenevo a dimostrare fin da subito la mia incoerenza)

Voglio raccontare come uscire dalla torba ed anelare alla felicità, anzi: raggiungere la felicità qui e ora.
Non incontrerò il favore degli intellettualoidi, ma se riuscirò a toccare il cuore e risvegliare la speranza anche di una sola persona, questo blog sarà servito a qualcosa.

Mi sono chiesta anche io quale potesse essere l'autorevolezza delle mie parole senza rimandi competenti ad autori noti: tutto ciò che ho scritto deriva dalla mia esperienza diretta. Non c'è parola in questo blog che io non abbia assimilato, metabolizzato e digerito solo attraverso un incontro-scontro fisico e diretto.

Sono stata tante cose nella mia vita: anoressica, bulimica, iperfagica, depressa, ossessiva, compulsiva, dipendente da tutto ciò che esiste nel creato, magra, grassa, riccia, liscia, bionda, nera, castana e rossa, estetista, disoccupata, interinale, imprenditrice.
Soprattutto sono stata cattolica, poi atea, ora profondamente credente, e altrettanto profondamente anticlericale.

E di queste esperienze voglio parlare: di come per aspera ad astra ho toccato le vette dell'estasi (piccola iperbole, ammetto, però suonava bene).
Mi considero "un'apripista": ho camminato nella neve fresca con tanta, tanta fatica e altrettanto impegno: ho lasciato delle orme, camminateci dentro, cosicché possiate fare meno fatica di quanta ne ho fatta io.

"Individuarsi significa diventare un essere singolo e, intendendo noi per individualità la nostra più intima,  ultima, incomparabile e singolare peculiarità, diventare sè stessi, attuare il proprio Sè. 'Individuazione' potrebbe dunque essere tradotto anche con "attuazione del proprio Sè", o "realizzazione del proprio Sè" (Jung, L'Io e l'Inconscio").




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